Gentili spettatori
dopo nove edizioni il LAKE COMO FILM FESTIVAL non festeggerà il suo decimo anniversario. È una decisione presa da tempo che abbiamo voluto comunicare in questi giorni di inizio luglio, lo scenario estivo consueto in cui per nove anni abbiamo issato i nostri schermi sulle rive del Lago di Como.
Quando nel 2013 abbiamo iniziato questo percorso, conoscevamo bene la reputazione internazionale del Lago, il suo legame con il cinema e l’aura che da sempre emana il suo paesaggio e come quest’aura si fosse ulteriormente accesa, proprio con il cinema, negli ultimi vent’anni. A tutto questo abbiamo dedicato la ricerca e il montaggio di IL LAGO DI COMO DAI LUMIÈRE A NETFLIX che, attraverso decine di titoli, collegava il frammento della casa Lumière girato nel 1898 alla produzione Netflix del 2018. 120 anni di cinema sul Lago.
Abbiamo ricordato come il paesaggio del Lago è stato celebrato non solo da cineasti, ma anche da scrittori, pittori e musicisti e di come oggi le manifestazioni culturali possano essere quel rito di riflessione necessario per coglierne il valore da salvaguardare e capirne la crescita. Da qui l’idea di un festival che avesse un forte legame con il suo territorio, un festival di cinema dedicato al PAESAGGIO, capace di innalzare lo scenario a co-protagonista del racconto.
Negli anni, abbiamo realizzato circa 300 appuntamenti, dislocati in 52 diversi luoghi: corti, piazze, giardini, scuole e università, architetture urbane e contesti naturali, in cui abbiamo proiettato film provenienti da 61 diversi paesi del mondo, inclusi i 28 corti prodotti da giovani autori nei paesi del Lago nell’ambito del concorso FILMLAKERS. Al programma di proiezioni si aggiungono gli incontri con gli autori del panorama cinematografico internazionale: Giorgio Diritti, Olivier Assayas, Peter Greenaway, Edoardo Winspeare, Caterina D’Amico, Andrej Koncalovskij, Nastassja Kinski, Jasmine Trinca, Caterina Cecchi D’Amico, Andy Serkis, per citare i più noti.
Crediamo di aver trovato con la nostra dimensione itinerante e con le LAKE COMO FILM NIGHTS una modalità originale, innovativa, di vedere il cinema, uno spazio colto e spettacolare al contempo.
Abbiamo sempre ricordato come la riuscita e la continuità di questi eventi non potesse avvenire che attraverso il coinvolgimento stabile dei più importanti attori del territorio, che ne cogliessero il valore in termini di identità e rappresentatività e il potenziale artistico ed economico per il futuro del territorio. Questo coinvolgimento, purtroppo, è avvenuto solo in parte, troppo fragili le nostre sole forze per procedere oltre. Fragili in primis sul piano della gestione imprenditoriale della cultura, piano che si presenta in Italia particolarmente inclinato, come sulla difficile tenuta di un gruppo di lavoro, essenzialmente volontario, con un procedere inevitabilmente discontinuo.
Finanziamenti pubblici sempre incerti, da verificare ogni anno attraverso bandi con scadenze mai sincroniche rispetto ai tempi di realizzazione, hanno impedito una programmazione oltre l’annualità e la redazione di bilanci credibili e garantiti, esponendo per mesi le nostre poche risorse nell’attesa di crediti puntualmente in ritardo. Non semplice è stato anche il confronto con i partner privati del territorio, malgrado un ricercato coinvolgimento delle realtà più significative e più artistiche. Puntavamo molto su una possibile sinergia tra le tante industrie creative, al fine di creare una vetrina che desse visibilità, nel segno della bellezza dell’arte, alla grande tradizione artigianale e industriale di Como. In questo abbiamo riscontrato una scarsa coesione territoriale e la sottovalutazione dell’importanza della cultura come spazio unificante.
La stessa Villa Erba Spa, che ringraziamo per l’ospitalità e per aver sperimentato con noi la formula delle NIGHTS, in parte anche finanziandola, si è dimostrata però priva di una visione strategica dell’investimento culturale. Eventi, proposte, annunci si sono mescolati senza nessuna progettazione pensata, dove la manifestazione culturale è vista, al più, come complemento d’arredo, senza alcuna prospettiva che va oltre la stagionalità.
Il rischio è che il potenziale del territorio si risolva in un grande affitto di camere, per quanto con vista e di lusso, che dimentica e appiattisce il valore della cultura e delle memorie necessarie per il suo futuro. Fin dalla prima edizione, abbiamo sottolineato come fosse assolutamente necessaria una radicale trasformazione dell’attitudine comasca verso la cultura e il turismo, affinché il paesaggio, e tutto ciò che lo anima, non diventassero solamente uno sfondo privo di sostanza e di senso, usato e abusato a soli fini commerciali e solo immediatamente.
Proprio questo è ciò che 10 anni dopo vediamo materializzarsi in quest’estate 2022. Quello che non immaginavamo è che si andasse (almeno non così velocemente) anche ben oltre. La rivelazione ci viene dalla serie americana del 2020 THE MORNING SHOW, edita da Apple TV, con star del calibro di Reese Witherspoon e Jennifer Aniston. Alcune scene, la prima è nel secondo episodio della seconda stagione, ci portano dalle strade di New York, epicentro della vicenda, sul nostro Lago, dove è fuggito inseguito dal #MeToo il protagonista maschile, Steve Carrel.
L’apparizione di Como nella serie è sorprendente. Si lasciano gli ovattati uffici di un grattacielo newyorchese per trovarsi, con un semplice stacco di montaggio, di fronte ad una panoramica che dall’alto della città plana su Piazza Cavour. Lo spazio è quello, lo sfondo è quello, quello che non torna sono alcuni palazzi della piazza e quasi completamente l’arredo. Potrebbe trattarsi di una qualsiasi piazza italiana come la vedono dagli States, un po’ Portofino, un po’ Amalfi, tutto con il caratteristico décor para-italico. Peccato sia tutto finto, e che si veda pure tanto.
“La città che ho visto a maggio sembra in modo crescente un luogo senza identità, simile a qualsiasi altro luogo attraversato da queste stesse dinamiche. Un luogo prevedibile, fatto di AirBnB dai nomi evocativi, palazzi “riqualificati” tutti allo stesso modo, tavolini all’aperto […] Nel frattempo è estate e quello che di fatto è l’unico significativo parco cittadino sarà inaccessibile alla cittadinanza per un mese, affittato – per poco più di un milione di euro – per il matrimonio privato di un anonimo tycoon.”[1]
Così, in un illuminante articolo sulla rivista de Il Mulino, Philip Di Salvo descrive Como, che visita dopo appena un anno di assenza. Tutta una grande finzione.
I nostri viaggi cinematografici proponevano tutt’altre finzioni, viaggi virtuali per tornare al reale, ad una più ricca comprensione del reale, una nuova comprensione di sé e di ciò che ci circonda. Cercando nuovi modi e luoghi per far (ri)vivere l’arte, ci illudevamo si potessero ancora aprire importanti spazi di riflessione, e che ci fosse ancora un pubblico, numericamente significativo, mosso da quella curiosità e passione necessarie per esplorare nuovi territori e misurarsi con nuovi scenari e suggestioni. Un percorso che richiede a volte di “salire”, con lo sforzo necessario e l’ambizione di non accontentarsi del comodo e piatto cammino della cultura visiva più diffusa.
In questi anni abbiamo invece riscontrato come anche sulla sensibilità del pubblico pesi la bulimica offerta delle piattaforme digitali, esagerata in quantità ma spesso scarsa in qualità, e che vive di pura finzione. A questo si aggiunge il fatto che anche i grandi film d’autore, nati per il cinema, sono sempre più spesso sottratti alla distribuzione teatrale e finiscono per sparire nelle immense librerie dei servizi streaming, privando di fatto il pubblico dell’esperienza di una visione collettiva e di una riflessione sociale. Prendendo atto della nostra sempre maggiore distanza da questa realtà, con la difficoltà crescente di operare in essa, nell’evidente incapacità di individuare una formula economicamente compatibile che mantenga alto il valore e la qualità delle nostre proposte, il progetto LAKE COMO FILM FESTIVAL si dissolve.
Non prima di lasciarvi la nostra ultima segnalazione cinematografica che ci porta nel cuore dell’Amazzonia. È simbolicamente l’ultimo film che abbiamo proposto in queste nove edizioni, l’estate scorsa nel Parco di Villa Olmo, L’ULTIMA FORESTA del regista antropologo brasiliano Luiz Bolognesi, basato sulle riflessioni di Davi Kopenawa, sciamano del popolo Yanomami, con cui ha vissuto per quasi un anno. Segnatevi le poche (e sacrosante) parole che Davi Kopenawa pronuncia di fronte alla platea dell’Università di Harvard alla fine di un racconto che ci ha fatto conoscere lo spirito di un popolo che lotta per la sua vita.
“Voi che vivete qui sull’altra sponda, non potete vedere da quassù… Per voi gente di città nulla è più importante dei beni di consumo e neanche li condividete, siete avari. La cosa più importante per noi è la fertilità, gli animali della foresta, l’importante è condividere il cibo, la nostra sopravvivenza, il nostro modo di vivere e la nostra esistenza come popolo.” [2]
Alberto Cano
Lake Como Film Festival
FOTO – L’ULTIMA FORESTA di Luiz Bolognesi (Brasile, 2019)
[1] Philip Di Salvo. “Cartoline dall’Italia – Como”, Rivista Il Mulino, Giugno 2022
[2] Davi Kopenawa in L’ULTIMA FORESTA di Luiz Bolognesi (Brasile, 2019).